venerdì 25 maggio 2012


Ancora una volta.
Di Maya Autelitano.

Amanda si versò l'ultimo bicchiere di nettare linusiano, mentre sentiva quello strano effetto di benessere cominciare a mutarsi in ansia.
_ Cazzo, mi sa che ho esagerato! - pensò a voce alta. Il barman mosse le antenne stupito. Quanto tempo era trascorso? Non lo ricordava più.
Si alzò barcollando dallo sgabello del bancone e salutò l'insetto di razza protoumana che l'aveva servita.
C'era qualcosa che doveva fare... Si fermò un attimo a pensare. Si! Come aveva fatto a dimenticarlo! Quella sera era l'anniversario del suo incontro con Jeina.
Cercò di scrollarsi di dosso gli effetti del nettare e uscì fuori dal locale.
Dopo che aveva perso il lavoro a bordo dei cargo spaziali della Compagnia, per colpa delle sue proteste sui metodi di terraformazione, Amanda non era stata più la stessa e ora si odiava per questo.
Doveva farsi perdonare in qualche modo. Forse poteva ancora comprare qualcosa per una bella cenetta...
Si guardò nelle tasche dei pantaloni della sua logora tuta verdastra da lavoro. Si era spesa quasi tutto al bar, maledizione! Forse però ai livelli bassi avrebbe potuto ancora rimediare qualcosa alla portata del suo misero portafoglio.
Con il fiatone e i suoi lunghi capelli raccolti in una treccia scura, corse verso l'ascensore di livello della cargonave, diretta al settore piu basso. Indossava una canotta bianca, sotto la tuta, che lasciava intravedere la forma generosa del suo seno.
L'ascensore puzzava, in modo insopportabile, ed era pieno di gente poco raccomandabile. Amanda si mise in un angolo in attesa, senza dare troppo nell'occhio. Non era molto consigliabile per una ragazza sola scendere a livelli cosi bassi.
Le porte automatiche si aprirono e Amanda fu investita da un tanfo ancora peggiore, un misto di fogne e cucine di varie razze aliene. La marmaglia si disperse nei corridoi del livello, popolato da logori negozi etnici e locali promiscui di prostituzione, e la ragazza si gettò nella folla.
Aveva paura. Sentiva gli occhi di molti puntati su di lei, ma ormai non poteva tornare indietro.
- Ehi fatina, che fai qua? Ti sei persa? - disse una voce stridula alle sue spalle. Amanda guardò con la coda dell'occhio, cercando di non girarsi. Un paio di Legolani, dall'aspetto truce e col corpo coperto da piercing di lucente metallo, le stavano alle calcagna.
- Merda! - pensò la ragazza. - ci mancavano solo questi stronzi!
Senza pensarci si infilò in una tavola calda gestita da Peeweks. I Legolani erano odiati dai Peeweks e per un po' sarebbe stata al sicuro. Ma per quanto? Doveva trovare una via d'uscita.
- Avete un bagno? - ansimò a un Peeweks, intento a girare una zuppa. La palla di pelo fece un cenno con la coda a una porta dietro di lui.
Amanda la varcò, senza farselo dire due volte. Lo stanzino era piccolissimo ed in pessime condizioni igieniche, però c'erà una finestrella, che dava in un vicolo buio. La via d'uscita che tanto cercava.
Provò a passarci, ma faceva una fatica terribile. Doveva essere ingrassata troppo ultimamente. D'un tratto qualcuno prese a bussare con violenza sulla porta.
- Dai apri troietta! Sappiamo che sei là dentro! - il tutto accompagnato da una terribile risata legolana. Il panico si impadronì di lei. Doveva fuggire a tutti i costi, quei due ceffi non ci sarebbero andati di certo leggeri con lei.
Cercò con un ultimo gesto disperato di passare attraverso la piccola finestra.
Tratteneva il fiato e spingeva con tutte le sue forze, finchè la porta non si sfondò, e i due legolani, dai visi allucinati, e una bava bianca alla bocca si diressero verso di lei... le braccia pronte ad afferrarla... un urlo di terrore e si svegliò...
Era sdraiata sul bancone del bar, ubriaca fradicia. Il bicchiere, ormai vuoto mezzo rovesciato davanti a lei. L'insetto addetto al bar la scrutava con un'aria che si sarebbe potuta dire preoccupata. Porca puttana che fottuto incubo!
Amanda si alzò barcollando, pagò e si trascinò fuori dal bar. Arrivare alla sua squallida cabina, a un paio di livelli di distanza, non fu difficile, la strada ormai la conosceva, era come inserire il pilota automatico.
Con le ultime forze si lasciò cadere sul divano e schiacciò un paio di telecomandi. Un cilindro di luce si formò al centro della stanza e apparve l'immagine olografica di Jeina.
Un lungo filmato girato sul suo pianeta di origine, dove si erano conosciute e amate, prima che fosse distrutto dalla maledetta Compagnia. Tutto ridotto in polvere, compresa Jeina. La sua Jeina.
- Fammi ancora una volta la tua magia, dolcezza! - disse Amanda, spegnendo le luci. D'improvviso il buio della stanza prese ad illuminarsi di una fosforescenza bluastra. Era il corpo di Jeina che risplendeva di luce propria.
Amanda restò così, a guardare senza dire una parola. A scrutare bene il suo viso si sarebbe potuto dire che, in qualche modo, stesse sorridendo.

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