mercoledì 3 ottobre 2012


Little Princess.
di Maya. 

Laggiù oltre i confini delle stelle più lontane sta una piccola principessa... io vorrei dirvi qualcosa di lei... ma ci vorrebbero parole non ancora inventate per poter descrivere la piccola principessa... più bella della bellezza, più meravigliosa della meraviglia... e mentre viaggio solitaria artista senza età, nell'immensità di questo spazio che racchiude tutti i nostri desideri... penso alla piccola principessa... al suo sorriso ingenuo e malizioso... ai suoi occhi che ancora non sanno, ma che già sanno... oh, piccola principessa, che stai nel tuo regno lontano chi sa se ogni tanto ti ricorderai di me?... laggiù, mentre passeggi nel tuo giardino fatto di rose e di profumi esotici... fatto di giochi e di risate... chi sa se almeno un tuo pensiero sarà rivolto a me e al mio viaggio infinito, fatto di lacrime disperate, di battaglie cruente e di angoscianti attese... e mentre chiudo gli occhi, per non vedere lo squallore quotidiano... mi appare il tuo volto... bellezza di sole e calore dei pomeriggi d'estate e penso a te piccola principessa, laggiù oltre i confini delle stelle più lontane...

I can not resist.
Di Maya Autelitano

I can not resist kissing your eyes, because you're my dawn... i can not resist kissing your lips, because you're my breath... i can not resist kissing your hearth, because you're my life... thou hast ravished my spirit and did you bring in far away places... but I am not afraid with you ...because you're everything I ever wanted ... and I can not resist from loving you...

venerdì 21 settembre 2012

-->

La Luna.
Di Maya Autelitano.

Una notte la Luna chiese alla Terra – Sorella spiegami, perché nessuno mi ama?
La Terra tacque. Poi disse: - Tu ispiri l'amore... tutti si amano sotto i tuoi occhi, perche sei bellissima, non ti basta?
La Luna non rispose e restò a pensare. - Ma a me chi mi ama?- disse, - Io mi sento sola... tanto sola. -
La Terra tacque. Non aveva risposta.
La Luna restò tristemente in silenzio. Nessuno l'aveva mai amata e anche se ormai ci era abituata, avrebbe voluto tanto che qualcuno l'amasse per una volta.
Il tempo passo e la Luna restò così, a guardare le stelle lontane e brillanti e a sorgere e a tramontare insieme alla sorella Terra.
Una notte, mentre stava lì pensierosa, una piccola Stella, che non aveva mai notato prima, si mise a brillare più intensamente.
- Che ti succede? - chiese la Luna. 
- Sto morendo... - rispose la piccola Stella. - Presto mi spegnerò per sempre e sono molto triste. 
- Perchè? - 
- Nessuno mi ha mai amata e morirò senza sapere cosa si prova...- pianse la piccola Stella. 
- Anche a me nessuno mi ha mai amata – disse la Luna.
La piccola Stella pianse e la Luna resto a guardarla triste. 
- Ti amerò io se vuoi – esclamò la Luna. 
- Davvero? 
- Si, piccola Stella, ti amerò io con tutta me stessa.
La piccola Stella si asciugò le lacrime e sorrise felice. 
- Ti amerò anche io Luna... anche dopo che morirò... ti amerò per l'eternità...
La Luna sentì un brivido enorme e finalmente capì cosa significasse essere amata.
La loro storia fu breve, ma intensa e travolgente, e quando la piccola Stella morì in un fuoco abbagliante, la Luna raccolse i frammenti e li custodì sulla sua superficie, per potere tenere per sempre con sè il suo unico eterno amore.


venerdì 27 luglio 2012


Perchè.
di Maya Autelitano.

Avrei voluto sapere perchè sei fuggita, ma ho solo scoperto perchè io ti inseguivo... avrei voluto sapere perchè mi hai dimenticata, ma ho solo scoperto perchè io ti ricordavo... avrei voluto sapere perchè in tutto l'universo proprio tu mi hai cosi vigliaccamente imprigionato il cuore per poi distruggerlo... ma nemmeno tu lo sai... e ormai che anche il tuo fantasma è svanito mi resta solo un desolato perchè nell'anima...

venerdì 20 luglio 2012




E' UMANO

La morte arriverà di lato
ti stroncherò il respiro
ti sventrerò attanagliandoti il cuore
ti estrarrò il fegato con un fendente
ti aprirò il cranio con un calcio volante
spargerò i tuoi intestini
spalmerò il cervello sulle strade
brucerò il tuo corpo lacerato
smembrato in un immenso orgasmo
ti ridurrò in polvere essere umano
umano che accentri il massimo disprezzo in questo universo

Katia Sopranzetti 21/07/2012 00:16


giovedì 12 luglio 2012


Le tue dita.
di Maya Autelitano

Ho sentito le tue dita aggrappate alle mie, mentre camminavamo lungo i viali della vita... Le ho sentite rifugiarsi fragili e impaurite sul mio corpo disegnando frasi d'amore... speranzose sussurrarmi di non lasciarle mai... di non dimenticarle, come altre avevano fatto... ho sentito le mie mani innamorate cercare le tue, come a gridare che sei la cosa più bella che potessero mai stringere...

giovedì 28 giugno 2012


 Tu.
 di Maya Autelitano.

Tu, che mi hai creata angelo per farmi vivere all'inferno... perchè non ascolti le mie grida?... Tu, che quando sono nata mi hai segnato questa croce sulla fronte... perchè non ascolti il mio pianto?... Tu, ti burli di me... e mi osservi dal tuo freddo regno... Ho perso le mie ali in questo deserto di anime dannate custodendo quell'amore per cui mi hai dato vita... e ora che la strada è buia e io avanzo strisciando... non rimane altro che l'eco delle tue menzogne...

martedì 12 giugno 2012


                                                                VIA D'USCITA.
                          Di Maya Autelitano.

Laila stava sdraiata con la schiena contro il gelido pavimento metallico. Il corpo nudo, longilineo, alto, coperto di lividi. Le gambe aperte. Sangue. Ovunque, sotto di lei. Il corpo pesante di un uomo sul suo.
I suoi occhi erano chiusi. Laila non voleva piu vedere. Non voleva più sentire. Il dolore era troppo forte. Era cosi forte che era sparito. L'uomo spingeva come un animale. Prima di lui altri. Ma lei stranamente ora non sentiva più nulla. Tutto era silenzio e buio.
Poi udì una voce. Era quella di Estelle, la sua amica, che la stava chiamando. Aprì gli occhi e la vide lì accanto a lei.
Perchè sei tornata? - le chiese Laila. - Ti hanno ripresa?
Estelle sorrise e le prese la mano.
- No, sono riuscita a fuggire e ora sono qui per portare via anche te.
Laila era sempre nuda e sdraiata, ma ora non sentiva piu dolore in mezzo alle gambe e il sangue era sparito. Anche il freddo era sparito. Guardò Estelle. Il suo sorriso era bellissimo, il suo sguardo dolcissimo e la abbracciò. Il suo corpo era avvolto da una tunica bianca, che le nascondeva i piedi. 
- Non avere più paura. Nessuno ti farà più del male. Ora starai per sempre con me. - disse Estelle, carezzandole il viso. Si alzò e prese Laila in braccio. La ragazza smise di tremare. Ora sentiva solo una grande pace, tra le braccia del suo amore...

Il segnale acustico del pronto intervento distrasse il commissario di bordo dal suo portatile da polso, dove stava compilando il rapporto. Dieci maschi di razza terrestre in arresto, due femmine di razza lunare all'obitorio. Uno stupro di gruppo. Roba di routine oramai.
I due infermieri, nella stiva, stavano caricando il corpo di Laila sulla barella magnetica del coroner.
Un agente di polizia passò trascinando uno degli uomini ammanettato. 
- Questo è l'ultimo, capo! - Il vecchio commissario guardò l'uomo che teneva gli occhi bassi, lo sguardo buio e gli sferrò una ginocchiata nei genitali. L'uomo si piegò piangendo.
-Toglimi questa merda da davanti!
L'agente si allontanò col prigioniero. 
-Se questa Estelle, prima di morire non ci avesse avvertiti, non le avremmo mai trovate... probabilmente i loro corpi sarebbe stati gettati a marcire nello spazio. - disse il vice avvicinandosi al suo superiore.
- Già, - rispose il commissario, lo sguardo cupo - ha cercato di salvarla, qualcosa le legava... ma noi siamo arrivati troppo tardi. 
Il suo collega rimase in silenzio, finendo di digitare sul suo portatile.
Il vecchio funzionario si avvicinò al corpo di Laila, che stava per essere chiuso nel sacco sterile.
- Abbiamo imparato a viaggiare tra le stelle, ma non siamo mai stati capaci di essere degni di farlo, di chiamarci umani...  
Il suo collega annuì. 
- Commissario, ha notato il suo viso... nonostante quello che ha passato sembra stia sorridendo...
Il vecchio chiuse il sacco sul volto di Laila.
- Si... forse almeno lei ha trovato una via d'uscita da quest'incubo.

mercoledì 30 maggio 2012



AI MIEI GENITORI

Nei miei pensieri li uccisi mille volte
nell'orrore del vivere
nel sogno immorale della colpa
soppressori di vite e di inespresse volontà
moriranno ancora
loro donatori di vite

Katia Sopranzetti

lunedì 28 maggio 2012


Oltre il buio delle stelle.
Di Maya Autelitano e Katia Sopranzetti 

Il problema non sarà quando noi andremo all'inferno... ma quando l'inferno verrà da noi...” Korey Rivera.

Klatu viaggiava attraverso la nube di detriti. La sua specie, conosciuta come Nebulani, non esisteva più. Il suo pianeta, il bellissimo Miro, in una galassia lontanissima di un altro universo, era ormai solo polvere e gas nel cosmo. Pensieri cupi attraversavano la sua mente, mentre sfiorava coi suoi tentacoli le connessioni neurali dell'astronave. L'Entità innominabile, l'abominio figlio stesso dell'essenza del male, signore dei più oscuri recessi dello spazio e del tempo, era stato stupidamente risvegliato da lui e dai suoi colleghi scienziati nebulani. Stolti e ciechi, guidati solo dalla loro superbia, avevano creduto di poter usare il suo potere per superare i loro limiti mortali, e avevano invece causato la distruzione del loro mondo. L'entità si era rivelata incontrollabile, la sua fame inarrestabile. Il suo nutrimento era la pura essenza trascendente della materia e nulla e nessuno sembrava essere in grado di fermarlo.
Klatu, dilaniato dal rimorso e spinto dalla disperazione lo stava inseguendo. Il suo aspetto, deforme, ricordava un cefalopode corazzato con un proprio esoscheletro e dotato di tentacoli prensili. La sua vita si era interrotta quel giorno. Ripensò per un attimo alla sua famiglia, ai suoi amici, alla sua compagna. Ormai solo polvere. Ormai solo un ricordo.
L'alieno, singhiozzando, predispose l'enorme astronave, grande quanto un continente terrestre, per viaggiare nell'iperspazio. Era stata ideata per colonizzare nuovi mondi, nuove costellazioni, e ora era diventata la sua casa. Unico essere vivente a bordo. L'ultimo della sua specie.

Chiusi il libro. Il vetro della finestra rifletteva la mia immagine seduta...

...il resto del racconto se vi piace lo potete leggere sul sito lulu.com grazie a tutti i lettori che ci seguono qua sul nostro blog, un abbraccio cosmico.
Maya




INVISIBILE

Tu essere venuto e scomparso
tu luce di ogni sommesso respiro
che risplendi nelle notti d'estate
in cui bagliori di eternità oscurano la tua vista
tu che come anime trasparenti mi cerchi
ma invano i miei occhi ti scrutano
come invisibili immobili al nulla

Katia Sopranzetti




IL DUBBIO

Tu un forse
un dubbio eterno nell'anima
un dolce velo che sovrasta l'amore

Katia Sopranzetti

domenica 27 maggio 2012




LA TORRE

Io torre nel deserto
ferma immobile
l'acciaio mi forgia
l’amore mi corazza
l’odio mi fortifica
la sabbia unica mia compagna
io unica forza, unica base
tutto mi attraversa tutto passa
io rimango

Katia Sopranzetti


GELO

Il gelo e' dietro l'angolo
lo assapori nero tetro
vivido nel fuoco freddo
della vivace e viva luce
di chi si dispera del vivere

Katia Sopranzetti


ESISTENZA

Questi immensi silenzi
che varcano la soglia di ogni arcano muro di tralci e rovi di vita
in luoghi eterni in cui la morte e la vita si annullano
e l'essere si evolve nell'oscuro del nulla attraversando l'essenza della vita

Katia Sopranzetti

venerdì 25 maggio 2012


Ancora una volta.
Di Maya Autelitano.

Amanda si versò l'ultimo bicchiere di nettare linusiano, mentre sentiva quello strano effetto di benessere cominciare a mutarsi in ansia.
_ Cazzo, mi sa che ho esagerato! - pensò a voce alta. Il barman mosse le antenne stupito. Quanto tempo era trascorso? Non lo ricordava più.
Si alzò barcollando dallo sgabello del bancone e salutò l'insetto di razza protoumana che l'aveva servita.
C'era qualcosa che doveva fare... Si fermò un attimo a pensare. Si! Come aveva fatto a dimenticarlo! Quella sera era l'anniversario del suo incontro con Jeina.
Cercò di scrollarsi di dosso gli effetti del nettare e uscì fuori dal locale.
Dopo che aveva perso il lavoro a bordo dei cargo spaziali della Compagnia, per colpa delle sue proteste sui metodi di terraformazione, Amanda non era stata più la stessa e ora si odiava per questo.
Doveva farsi perdonare in qualche modo. Forse poteva ancora comprare qualcosa per una bella cenetta...
Si guardò nelle tasche dei pantaloni della sua logora tuta verdastra da lavoro. Si era spesa quasi tutto al bar, maledizione! Forse però ai livelli bassi avrebbe potuto ancora rimediare qualcosa alla portata del suo misero portafoglio.
Con il fiatone e i suoi lunghi capelli raccolti in una treccia scura, corse verso l'ascensore di livello della cargonave, diretta al settore piu basso. Indossava una canotta bianca, sotto la tuta, che lasciava intravedere la forma generosa del suo seno.
L'ascensore puzzava, in modo insopportabile, ed era pieno di gente poco raccomandabile. Amanda si mise in un angolo in attesa, senza dare troppo nell'occhio. Non era molto consigliabile per una ragazza sola scendere a livelli cosi bassi.
Le porte automatiche si aprirono e Amanda fu investita da un tanfo ancora peggiore, un misto di fogne e cucine di varie razze aliene. La marmaglia si disperse nei corridoi del livello, popolato da logori negozi etnici e locali promiscui di prostituzione, e la ragazza si gettò nella folla.
Aveva paura. Sentiva gli occhi di molti puntati su di lei, ma ormai non poteva tornare indietro.
- Ehi fatina, che fai qua? Ti sei persa? - disse una voce stridula alle sue spalle. Amanda guardò con la coda dell'occhio, cercando di non girarsi. Un paio di Legolani, dall'aspetto truce e col corpo coperto da piercing di lucente metallo, le stavano alle calcagna.
- Merda! - pensò la ragazza. - ci mancavano solo questi stronzi!
Senza pensarci si infilò in una tavola calda gestita da Peeweks. I Legolani erano odiati dai Peeweks e per un po' sarebbe stata al sicuro. Ma per quanto? Doveva trovare una via d'uscita.
- Avete un bagno? - ansimò a un Peeweks, intento a girare una zuppa. La palla di pelo fece un cenno con la coda a una porta dietro di lui.
Amanda la varcò, senza farselo dire due volte. Lo stanzino era piccolissimo ed in pessime condizioni igieniche, però c'erà una finestrella, che dava in un vicolo buio. La via d'uscita che tanto cercava.
Provò a passarci, ma faceva una fatica terribile. Doveva essere ingrassata troppo ultimamente. D'un tratto qualcuno prese a bussare con violenza sulla porta.
- Dai apri troietta! Sappiamo che sei là dentro! - il tutto accompagnato da una terribile risata legolana. Il panico si impadronì di lei. Doveva fuggire a tutti i costi, quei due ceffi non ci sarebbero andati di certo leggeri con lei.
Cercò con un ultimo gesto disperato di passare attraverso la piccola finestra.
Tratteneva il fiato e spingeva con tutte le sue forze, finchè la porta non si sfondò, e i due legolani, dai visi allucinati, e una bava bianca alla bocca si diressero verso di lei... le braccia pronte ad afferrarla... un urlo di terrore e si svegliò...
Era sdraiata sul bancone del bar, ubriaca fradicia. Il bicchiere, ormai vuoto mezzo rovesciato davanti a lei. L'insetto addetto al bar la scrutava con un'aria che si sarebbe potuta dire preoccupata. Porca puttana che fottuto incubo!
Amanda si alzò barcollando, pagò e si trascinò fuori dal bar. Arrivare alla sua squallida cabina, a un paio di livelli di distanza, non fu difficile, la strada ormai la conosceva, era come inserire il pilota automatico.
Con le ultime forze si lasciò cadere sul divano e schiacciò un paio di telecomandi. Un cilindro di luce si formò al centro della stanza e apparve l'immagine olografica di Jeina.
Un lungo filmato girato sul suo pianeta di origine, dove si erano conosciute e amate, prima che fosse distrutto dalla maledetta Compagnia. Tutto ridotto in polvere, compresa Jeina. La sua Jeina.
- Fammi ancora una volta la tua magia, dolcezza! - disse Amanda, spegnendo le luci. D'improvviso il buio della stanza prese ad illuminarsi di una fosforescenza bluastra. Era il corpo di Jeina che risplendeva di luce propria.
Amanda restò così, a guardare senza dire una parola. A scrutare bene il suo viso si sarebbe potuto dire che, in qualche modo, stesse sorridendo.

lunedì 30 aprile 2012




SENTIRE LA MORTE


_ La sento mi avvolge
_ e' un'oscura nube, densa statica
_ l'energia da essa sgorga, il suo e' movimento, una danza che fluttua
_ mi prende mi stritola, in un dolce dolore; il gemito di mille anime si dimena, si 
   espande come gas nervino in corpi ebrei
_ il mio corpo e' impregnato, stramazzato per l'impeto
_ come accecato vuoto
_ e' come un tonfo interno che permea il vuoto e granitico orrore della morte

Katia Sopranzetti

domenica 29 aprile 2012

Ricordo di un'estate.
Di Maya Autelitano.

Il campanello squillò. Era già qui. Cinque minuti di anticipo, il solito entusiasta, ma ero comunque pronta.
Aprii la porta. Il tipo abbozzò un sorriso ed entrò sicuro di sé. - Ciao Greta, sei sempre bellissima.
Sorrisi a mia volta e lo accompagnai in camera da letto. - Solita tariffa?- feci si con la testa e lui posò il contante sul comodino. Lo presi e lo riposi al sicuro nel cassetto. Intanto si era spogliato. E mi sedetti sul letto per fare altrettanto.
- Le autoreggenti tienile per favore... sai che mi eccita di più.
Lasciai quelle e il resto lo tolsi.
- Se ti devi sciacquare, sbrigati!- gli dissi. Il tipo sorrise. - Ormai mi conosci proprio eh? - e andò in bagno, con solo i calzini.   
Mi sdraiai a pancia sotto ad aspettare. Sentivo l'acqua scorrere e il mio cuore battere. Dai, - mi dissi, - un attimo e sarà tutto finito.
L'uomo rientrò nella stanza e mi si mise accanto cominciando a toccarmi. La sua bocca era sul mio corpo e le sue mani frugavano ovunque. Cercai di pensare ad altro per reprimere il disgusto, del resto ormai ci ero abituata. Mi si mise vicino al viso e cominciai a succhiarlo. Sapevo benissimo cosa fare. Quando era pronto gli misi il profilattico e lui mi si sdraio addosso. Un attimo e lo sentii dentro di me. Chiusi gli occhi e lasciai fare stringendo il cuscino.
- Ti piace vero?
- Si... - risposi stringendo i denti. Pochi minuti ed ebbe finito sul mio viso. Mi pulii e gli passai alcune salviette. Seduta sul bordo del letto mi misi a fissare il pavimento in attesa. Il tipo si vesti e lo accompagnai alla porta. - Grazie, alla prossima. - disse uscendo. Annuii e la chiusi.  
Mi feci una breve doccia e mi sdraiai di nuovo sul letto. Accesi una sigaretta e cercai di rilassarmi fissando il soffitto. - Dove sei? - dissi in un sussurro. E i ricordi cominciarono a sfilarmi davanti agli occhi, in una breve rassegna veloce, finchè non mi fermai a uno in particolare.
Era una sera d'estate e eravamo sdraiate sul prato, abbracciate.
- Dai non guardarmi così... - disse lei.
- Come ti guardo? -
- Da innamorata...
- Ma io lo sono... e solo di te...
Mi baciò dolcemente le labbra, come solo lei sapeva fare.
- Non dimenticarmi, ok? 
- Come potrei... - e la baciai a mia volta. Fu l'ultima volta che la vidi. Un mese dopo un incidente d'auto se la portò via. 
- Valentina... - dissi soffiando piano il fumo, mentre una lacrima mi segnava il viso.
Il campanellò squillò. I ricordi svanirono, mentre tornavo al presente. Un altro cliente aspettava. 
Ho mantenuto la promessa, - dissi, - vedi, angelo mio?
E ancora una volta chiusi, in un angolo del mio cuore, il ricordo di un'estate che non avrei mai più dimenticato.



RABBIA

Era un giorno di quelli
quando la tensione crea e penetra nelle persone come una lastra incandescente
quasi irriconoscibile
l'animo brucia arde di rabbia
se solo si potesse visualizzare
liquiderebbe tutto
come una stella che esplode nello spazio e pervade muta l'equilibro precario
assoluto dell'universo

Katia Sopranzetti

venerdì 27 aprile 2012


LA CONDANNA

La morte e' dentro di me
buio solo buio
e' tempo di morire
la valle delle umanoidi ombre sorvola...
sorvola la mente dell'estraneità corporea
pura; innaturale inconsistenza
consapevole schiava dell'esistere
come irreale fusione di morti
giace statica immutabile
io ne faccio parte

Katia Sopranzetti

TEMPESTA

Il cielo nero
nel tetro sublime armonico odio
nella vasta e immensa gabbia
dimena la sua ira sovrastando ogni truculento e putrido smembramento di visceri
l'inquietudine perpetua nell'affondo
nella densa atmosfera pietrificata
il mar d'inverno lambe l'acida sponda segnando il passo all'unisono con la morte

Katia Sopranzetti